L’evoluzione tecnologica ha reso per privati ed imprese sempre più semplice ed economica l’adozione dei sistemi di videosorveglianza, ovvero la possibilità di installare una o più telecamere, in luoghi e posizioni considerati “a rischio”, principalmente a tutela di beni patrimoniali e sicurezza ed incolumità delle persone.
Tuttavia il ricorso a questi impianti, pur comprensibile per la legittima prevenzione e gestione di eventi potenzialmente pericolosi, ha un rilevante impatto sulla privacy dei cittadini e risulta pertanto vincolato dalle norme imposte dal Regolamento europeo sulla protezione dei dati personali, meglio noto come GDPR.
In questo articolo cercheremo sinteticamente di fare chiarezza sulle misure da adottare, in ottica aziendale, per adeguarsi alla normativa in vigore ed evitare le pesanti sanzioni previste per gli inadempienti, anche prendendo spunto da una recente indagine condotta da Federprivacy, autorevole associazione italiana dei professionisti della privacy e della protezione dei dati personali, secondo cui risulta altissimo (addirittura circa il 90%) il tasso di sistemi esistenti attivi ma non ancora in regola.
Innanzitutto, per chi volesse approfondire, il riferimento normativo più utile è costituito dalle Linee Guida 3/2019 (https://www.gpdp.it/temi/videosorveglianza), pubblicate dal Garante Privacy ed adottate nel gennaio 2020, che riassumono efficacemente le “regole da seguire installando un sistema di videosorveglianza in ambito aziendale o domestico, a tutela della sicurezza di persone o beni”.
Entrando nel merito della questione, in prospettiva aziendale è necessario evidenziare due elementi sostanziali:
- finalità giustificabili (tutela patrimonio aziendale, sicurezza del lavoro, esigenze organizzative e produttive)
- principi privacy da garantire (minimizzazione, pertinenza e non eccedenza rispetto alle finalità)
Detto questo, si configurano alcune misure essenziali da porre in atto:
- informativa agli interessati: le persone che transitano nelle aree riprese devono saperlo (es. cartelli)
- tempi conservazione delle immagini: tendenzialmente max 24 ore
- incarichi ai soggetti autorizzati al trattamento delle immagini (in ambito adempimenti privacy generali)
Ai precedenti, sempre necessari, si unisce un ulteriore essenziale provvedimento per i datori di lavoro, nel caso in cui le aree riprese siano frequentate anche saltuariamente da dipendenti, per effetto dell’art. 4 della l. 300/1970 (divieto di controllo a distanza dei lavoratori):
- autorizzazione DTL (sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro), in assenza di accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale
In sintesi, con questa breve trattazione, si desidera sollevare l’attenzione di coloro che hanno in dotazione un sistema di videosorveglianza, in modo che compiano una presa di coscienza e responsabilità concreta, valutando se risultano soddisfatte tutte le richieste elencate.
Considerando la complessità della materia, si consiglia quindi di rivolgersi al proprio responsabile interno della sicurezza dei dati (DPO), se nominato, oppure, in alternativa, ad un consulente in materia di privacy, in modo da disporre di una guida preparata ed affidabile nella identificazione degli elementi da implementare e/o correggere, allo scopo di predisporre adeguatamente quanto richiesto ed evitare le sanzioni di cui sopra.